La famiglia che si “rinnova”

Mussolini-Famiglia

  L’evoluzione della famiglia.

 Nel mondo occidentale la famiglia resta un elemento fondamentale      nell’organizzazione sociale, nonostante le trasformazioni che essa  ebbe nel corso dell’900. Le forme dell’organizzazione familiare nel corso dell’900 furono essenzialmente tre: la famiglia estesa o patriarcale, che caratterizzava la società di tipo preindustriale; la famiglia nucleare, ossia il modello oggi più diffuso e funzionale nella società industriale; le nuove famiglie, ossia la pluralità di strutture familiari in rapida diffusione.

La famiglia estesa era costituita da un nucleo familiare allargato a diversi parenti, come nonni, zii, cugini. All’interno si svolgevano attività produttive legate all’agricoltura o all’artigianato, in cui erano impegnati tutti i componenti (uomini, donne, bambini), ciascuno con un preciso compito. La famiglia provvedeva anche all’alfabetizzazione di base di tutti i suoi membri. La famiglia nucleare, invece, è costituita dal nucleo essenziale di genitori e figli. Questo tipo di organizzazione è certamente “depotenziata”, in quanto l’istruzione, le attività produttive e i consumi si svolgono fuori dall’ambito familiare, venendo demandati ad altri agenti sociale, ossia la scuola, la fabbrica.

A partire dagli anni ’60 ci sono stati molti cambiamenti nelle abitudini e nel costume della società occidentale e sono nate le cosiddette “nuove famiglie”: oltre a quelle tradizionali ci sono famiglie con un solo genitore, o famiglie ricostruite con marito o moglie risposati; famiglie unipersonali, costituite da i singles; famiglie “di fatto”, ossia convivenze.

Questa molteplicità di strutture ha fatto emergere nuove forme di organizzazione della vita domestica e soprattutto una modifica dei ruoli di marito e moglie, che sono meno rigidi. Per questo gli studiosi parlano anche di “democratizzazione” dei rapporti all’interno della famiglia.

La donna e la famiglia nella società fascista italiana.

Il fascismo, certamente, è stato il portatore di una precisa ideologia della famiglia e del ruolo della donna. Questa ideologia stabiliva dei precisi ruoli all’interno della famiglia, in una supposta assonanza con le caratteristiche naturali dei due sessi. Nel quadro della battaglia per l’incremento demografico il regime fascista produsse una vasta legislazione orientata al sussidio per le nuove famiglie: alle nuove coppie di sposi venivano fatti prestiti che dovevano essere restituiti solo nel caso non facessero figli, e polizze d’assicurazione a condizione molto favorevoli erano distribuite anche dal sacerdote che celebrava il matrimonio. La campagna per l’incremento demografico si protrasse fino alle soglie del secondo conflitto mondiale.

Interessanti, a questo proposito, sono due discorsi pubblicati su “Gerarchia”, rivista ufficiale del fascismo diretta da Margherita Sarfatti, la biografa personale di Mussolini. Nel 1928 Mussolini parla della missione procreatrice della famiglia, in quanto:

“il coefficiente di natalità non è solo l’indice della progrediente potenza della Patria, ma l’unica arma del popolo italiano […] In un’Italia tutta bonificata, irrigata, disciplinata, cioè fascista, c’è posto e pane ancora per 10.000.000 di uomini. 60.000.000 di italiani faranno sentire il peso della loro massa e della loro forza nella storia del mondo”.

Nel 1939 esce, sempre sulla stessa rivista, un brano firmato “Ellevì”, che denuncia i pericoli del femminismo e dell’ambizione borghese, come manifestazioni dell’individualismo, nemico fondamentale della famiglia. Ne riportiamo alcuni stralci:

“E poiché la donna intellettuale è il volto femminino della vanità borghese, e quella professionista e addottorata è l’ideale borghese dell’ambizione democratica, la imagesnostra Rivoluzione vuol sostituirvi un modello muliebre più fecondo e più sano. […] La donna intellettuale, che l’aurea mediocrità ancora predilige, è una tra le figure meno necessarie alla saldezza dell’istituto familiare e al potenziamento della razza. Ci riferiamo a quella che custodisce e tramanda la tradizione del salotto. […] Compagna del guerriero non può essere colei che porta a mensa l’arida dialettica della saccenza, e che, titoli alla mano, misura le distanze coniugali per giustificare le deviazioni appellandosi ai diritti illimitati del sentimento”.

Nel periodo fascista erano nate delle associazioni femminili fasciste  che miravano a sostenere e propagandare i valori del regime riguardo la famiglia, ossia la “missione procreatrice della donna”. Nonostante questo, però, negli anni ’30 si diffusero, anche se in modo lento e nascosto, le pratiche per il controllo delle nascite e la tendenza al calo della natalità che era già presente nelle città e si estese anche nelle campagne, interessando tutte le fasce sociali. L’Italia, in questo modo, cominciò ad avvicinarsi ai comportamenti demografici dell’Europa più sviluppata. Per quanto riguarda i mezzi suggeriti per ripristinare i valori fascisti e un buon funzionamento della famiglia, bisogna sottolineare la sostanziale convergenza tra Stato e Chiesa, un’identità di vedute sancite, sul tema del matrimonio, dai Patti Lateranensi del 1929.

La famiglia e l’economia.

La famiglia patriarcale non era solo una unità di convivenza, ma anche un’unità economica e di produzione; essa era anche un’unità di consumo, poiché molti beni consumati erano prodotti dentro casa e l’amministrazione domestica non prevedeva una netta distinzione tra i conti dell’impresa economica familiare e l’economia della famiglia. Al contrario, la separazione dell’economia domestica da quella dell’azienda di famiglia costituisce uno dei tratti salienti dell’economia capitalistica moderna e della famiglia nucleare. Con l’introduzione della fabbrica viene modificata la divisione del lavoro familiare, creando due lavoratori urbani e speculari: l’operaio e la casalinga.

Con l’industrializzazione e il massiccio insediamento degli individui in aree urbane, la famiglia perde molte prerogative di unità di produzione. Le persone lavorano principalmente fuori dall’ambiente domestico, non consumano direttamente i frutti del lavoro domestico, ma in cambio del lavoro ottengono un salario. Dunque la famiglia diventa un’importante unità di consumo: a livello familiare vengono prese decisioni sugli acquisti più importanti. Rispetto ai Paesi europei, però, l’Italia conosce una persistenza della famiglia come unità produttiva: nel boom economico degli anni ’50 e ’60 sono comparse molte piccole aziende a conduzione familiare che si cimentano in vari settori, come la produzione di pellame, abbigliamento, calzature, mobilio, ceramiche, elettrodomestici e beni di largo consumo.

La nascita del “Nuovo diritto di famiglia”.

L’imporsi della famiglia nucleare ha modificato ruoli, autorità e dinamiche familiari, attraverso due fattori fondamentali: il mutamento dello status delle donne e la comparsa di un nuovo soggetto sociale, il mondo giovanile. Il cambiamento della condizione della donna è dovuto in gran parte alla diffusione della istruzione e al loro ingresso nel mondo del lavoro. Il depotenziamento della figura padre- marito ha conosciuto una prima ratificazione a livello legislativo con la Legge 151 del 19 maggio 1975, il “nuovo diritto di famiglia”. Questa disposizione è partita dalla necessità di rafforzare l’uguaglianza tra i coniugi e ha finito poi per investire anche altri ambiti relativi alla famiglia, ossia l’atto di matrimonio, le cause di invalidità, i regimi patrimoniali, il diritto di successione.

Riportiamo alcuni punti principali:

84. Età del matrimonio. I minori di età non possono contrarre matrimonio. Il tribunale, su istanza dell’interessato, accertata la maturità psicofisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, il genitore e il tutore, può con decreto emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto i sedici anni.

143. Diritti e doveri dei coniugi. Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ognuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire al bisogno della famiglia.

144. Cognome della moglie. La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserverà durante lo stato vedovile, fino a nuove nozze.

147. Dovere verso i figli. Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole, tenendo conimagesto delle capacità, inclinazione naturale e aspirazioni dei figli.

159. Il regime patrimoniale. Il regime patrimoniale legale della famigli, in mancanza di diversa convenzione stipulata secondo l’articolo 162, è costituito dalla comunione dei beni.

215. I coniugi possono convenire che ciascuno di essi conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio.

La parte che riguarda “Diritti e doveri che nascono dal matrimonio” (art. 143-148) è quella che maggiormente riflette i principi di uguaglianza che sottendono la riforma. I coniugi acquisiscono con il matrimonio gli stessi diritti e doveri, un maggior rispetto della identità della moglie. Il principio di uguaglianza si riflette soprattutto nelle norme che regolano la patria potestà e le scelte di indirizzo della vita familiare. Un altro aspetto nuovo è che si parla che i coniugi possano avere indifferentemente un lavoro “professionale” o “casalingo”: questa affermazione riconosce l’attività della casalinga, come una vera e propria professione.

Si istituisce, poi, in tema di regime patrimoniale, la “comunione dei beni”, per cui entrambi i coniugi sono considerati ugualmente proprietari dell’intero patrimonio familiare e hanno il diritto di amministrarlo. Dalla riforma, quindi, emerge una nuova sensibilità rispetto a quegli elementi di libertà e responsabilità che devono stare alla base del matrimonio, riequilibrando il ruolo delle donne e dei figli, che conquistano un posizione di pari all’interno della famiglia, fino ad allora dominata esclusivamente dalla figura del padre- marito.

La famiglia, come abbiamo visto, si è trasformata nel corso del Novecento, ma non ha perso la sua rilevanza sociale, pur in presenza di una maggiore autonomia dei soggetti, in particolare delle donne, qualificandosi non solo come sede delle soddisfazioni dei bisogni primari, ma anche, talvolta, come soggetto economico.

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